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LA STAMPA: Il ministro Scajola si è dimesso “Ora mi devo difendere”

«Vivo da 10 giorni una grande sofferenza. Ora devo difendermi e non posso più continuare a fare il Ministro», esordisce Claudio Scajola annunciando le dimissioni. Ora sarà compito del premier e del Consiglio dei ministri accettarle o meno. È infatti convinzione ferma a palazzo Chigi che non possano bastare indiscrezioni di stampa per interrompere le attività di cariche istituzionali. Nelle ultime ore, però, si sono fatte più insistenti le voci sui possibili successori: il più gettonato è il nome del vice di Scajola con delega alle comunicazioni, Paolo Romani. Ma si sarebbe detto disponibile anche Giancarlo Galan, appena insediato al ministero dell’agricoltura.

Dopo aver ricordato di aver ricevuto attestati di stima da Berlusconi e dalla maggioranza, Scajola si rende protagonista di una quasi ammissione: «Non potrei, come ministro della Repubblica, abitare in una casa in parte pagata da altri. Questa è la motivazione principale, quella più forte che mi spinge a dimettermi, convinto di essere estraneo a questa vicenda», ha affermato. «Considero la politica un’arte nobile con la "P" maiuscola – ha aggiunto il ministro – e per esercitarla bisogna avere le carte in regola e non avere sospetti». Lasciando il ministero dello Sviluppo, Scajola si dice convinto che le dimissioni «potranno permettere al governo di andare avanti con l’importante lavoro fin qui svolto e al quale io finora contribuito anch’io».

Le dimissioni ufficiali arrivano dopo due giorni in cui le voci si sono rincorse freneticamente. Nella giornata di ieri era già circolata l'ipotesi delle dimissioni, prontamente smentita dallo stesso Scajola: «Sono vittima di un processo mediatico», aveva dichiarato. Scajola era rientrato ieri sera a Roma da una missione in Tunisia e stamane avrebbe avuto un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio che lo avrebbe inviato a non lasciare l’incarico.

Questa mattina anche la stampa vicina alle posizioni del Pdl aveva assediato il ministro chiedendo spiegazioni. Il "Giornale" aveva pubblicato titoli molto simili a quelli della maggioranza dei quotidiani italiani: «Scajola chiarisca o si dimetta» si leggeva sul quotidiano della famiglia Berlusconi. «Nessuno può credere che una casa vista Colosseo sia stata pagata appena 600mila euro. E non torna neppure la storia degli assegni circolari. Serve una spiegazione convincente». Infine, aveva chiosato Feltri, il ministro «non aspetti» il giorno della convocazione davanti ai magistrati «a fugare ogni sospetto. Lo faccia subito o finirà male… E se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni».

Su linea molto simile anche il quotidiano "Libero" che titolava «Ora Scajola ci dica. Anemenone lo scagiona. Ma i dubbi restano e l’offensiva contro di lui non si placa. A questo punto il ministro ha tutto l’interesse a reagire». Mentre il Corriere della Sera titolava «Scajola sotto accusa, ora è in bilico» e la Repubblica «Assedio a Scajola: "Si dimetta"» . (La Stampa)

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